sabato 27 aprile 2013

Ogni bambino che muore per fame viene assassinato

Estratto da un'intervista a Jean Ziegler, fatta dalla giornalista Saraina Gross (2012).



S. Gross: Ogni cinque secondi un bambino sotto i dieci anni muore di fame e delle sue immediate conseguenze. Ogni anno muoiono 36 milioni di persone. Perchè?

J. Ziegler: L'industria agroalimentare mondiale è nelle mani di una decina di società transnazionali. L'anno scorso la Cargill, la più grande di queste società, controllava oltre un quarto del commercio mondiale di cereali. La Dreyfus, anch'essa con sede a Ginevra, gestisce quasi un terzo del commercio mondiale del riso. Tuttavia scopo di queste aziende non è combattere la fame, bensì fare soldi. Questo è il problema.

S.G.: Lei dice "ogni bambino che muore di fame viene ucciso". Cosa la spinge a una simile affermazione?

J.Z.: Lo stesso World Food Report della FAO, che pubblica i dati sulle vittime, sostiene che l'agricoltura mondiale allo stato attuale potrebbe sfamare senza problemi 12 miliardi di esseri umani, ovvero quasi il doppio delle persone che vivono oggi sulla terra. Non si tratta dunque di fatalità. Tuttavia nessuno all'interno dei gruppi industriali vuole uccidere bambini. Non si tratta di una colpa individuale né di cattiveria. Il signor Brabeck è una persona perbene, ma se, in qualità di presidente della Nestlè, non otterrà utili esorbitanti, dopo un paio di mesi non sarà più il presidente della Nestlè. Punto. 

S.G.: Qual'è il problema allora?

J.Z.: Il problema è l'oscurantismo neoliberale, secondo il quale il mercato obbedirebbe a leggi naturali e che trasforma i grandi gruppi industriali in freddi mostri. Viviamo all'interno di un sistema cannibale. Ho già troppi processi in corso, quindi dirò con grande prudenza che questa gente opera in maniera del tutto legale. Semplicemente ha il potere di decidere chi vivrà e chi morirà su questo pianeta.

[...]

S.G.: Cosa bisognerebbe fare?

J.Z.: E' l'uomo che produce i meccanismi assassini, e quindi è sempre l'uomo che li può modificare. Gli Stati da cui provengono le multinazionali sono tutti democratici. Nessuno di loro è impotente. Si può fare tutto.

S.G.: In concreto?

J.Z.: Possiamo vietare la speculazione sui prodotti alimentari di base. Domani. Tramite una legge. I biocarburanti? Possiamo vietare anche quelli. Alla prossima conferenza ministeriale del WTO ci uniremo per un divieto alle sovvenzioni per le esportazioni di prodotti agricoli, e il consigliere federale Eveline Wildmer-Schlumpf ha affermato che durante il prossimo incontro del Fondo Monetario Internazionale si deciderà per un alleggerimento del debito nei confronti dei 50 Paesi più poveri del mondo. Tutto ciò si può fare domani.

S.G.: E allora perchè non succede niente?

J.Z.: I governi sono colonizzati dalle multinazionali globali. Nessun ambasciatore americano si permetterebbe mai di dire qualcosa contro la Cargill. E in Austria la situazione non è molto diversa. Se qualcuno dice "limitiamo i benefici", l'UBS risponde "non si può, il mercato è contrario".

[...]

S.G.: Chi mai si interessa della lotta dei contadini diseredati nel Senegal settentrionale, nell'Honduras o in Etiopia?

J.Z.: Non sono molti, è vero. Tutto ruota intorno al 13% della popolazione bianca che da 500 anni governa il Pianeta. Prima c'è stato il genocidio in America Latina, poi i neri sono stati deportati dall'Africa come schiavi, poi è stata la volta del colonialismo e dell'imperialismo. E oggi abbiamo la peggiore forma di repressione: la tirannia mondiale dell'oligarchia finanziaria.

S.G.: E cosa mi dice dello spostamento geopolitico del potere verso Oriente?

J.Z.: Le dico che questo spostamento non c'è. La Cina e l'India non sono un'alternativa. I loro complessi industriali sono completamente integrati nel sistema capitalista.

S.G.: L'economia mondiale non è mai stata tanto produttiva quanto lo è oggi. Considerando questo aspetto, la fame non dovrebbe più esistere.

J.Z.: Giusto. In realtà questa è la maledizione dell'ideologia neoliberale. E ha ragione quando dice: l'economia mondiale raggiunge la massima produttività nel momento in cui le potenze di mercato sono completamente sviluppate quindi se in ogni momento il capitale può spostarsi in quei Paesi in cui può ottenere il massimo utile. C'è però il problema del monopolio: i maggiori gruppi industriali del mondo oggi hanno più potere di quanto non ne avessero in passato i re, gli imperatori o il papa. Nel 2011 i 500 maggiori gruppi industriali transcontinentali hanno realizzato il 52,8% del PIL mondiale.

[...]

S.G.: Lei dice: "Per la società capitalistica delle merci la morte è un tabù". Perchè?

J.Z.: La certezza della morte rende irrecuperabile ogni momento e gli dà un senso. Nessun momento potrà mai tornare. Ogni momento crea destino, singolarità e responsabilità per la vita. Questo è insopportabile per il capitalismo perchè l'immagine che il capitalismo ha dell'essere umano è quella di un elemento reattivo nel processo di produzione e consumo. Perciò la morte va occultata nella vita quotidiana. Della morte si occupano le agenzie di pompe funebri. La totalità dei viventi e dei morti viene distrutta, l'uomo è ridotto alla sua funzionalità mercificata perchè se sapesse di essere unico e in balìa del destino, non si lascerebbe mettere sul mercato, non si farebbe dire da altri quali sono i suoi bisogni. L'integrazione della morte nella vita è l'inizio della rivolta. [...] Fino a vent'anni fa valeva il dogma dello sfruttamento totale di una natura infinita. Nel frattempo abbiamo capito che il processo di produzione capitalistico distrugge le condizioni di vita per tutti. Che presto nessuno di noi riuscirà più a respirare. La finitezza della natura si manifesta nella catastrofe. La follia delle risorse infinite si è infranta e per questo le persone oggi hanno ricominciato a pensare che abbiamo un solo pianeta e questo le riporta al loro destino.





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